Emofilia A

Fondazione Salute Animale

Emofilia A

L’Emofilia A è dovuta alla deficienza del Fattore VIII ad attività procoagulante (FVIII:C) della coagulazione ed è, come diffusione, la seconda coagulopatia ereditaria segnalata in varie razze di cani. Questo disturbo dell’emostasi è legato a un gene recessivo in cui avviene una mutazione, posto sul cromosoma X, che determina la deficienza funzionale del fattore VIII (FVIII:C), uno degli elementi chiave nella fase plasmatica della coagulazione. In genere, le femmine fungono da portatrici, mentre i maschi manifestano la malattia con gravità variabile. La patologia è stata segnalata in quasi tutte le razze canine, tra cui ad es. Setter Irlandese, Pastore Tedesco, Collie, Labrador, Beagle, Pastore delle Shetland, Levriero, Weimaraner, Chihuaua, Vizla, Bulldog Inglese, Barboncino nano, Schnauzer e San Bernardo. E’ stata documentata una particolare prevalenza nel Pastore Tedesco.

La sintomatologia clinica dipende dall’entità del disturbo funzionale del FVIII:C e si riconoscono tre forme: grave con attività del FVIII:C inferiore all’1%, moderata tra 1 e 10% ed infine lieve tra 10 e 25-30%. I soggetti gravemente malati in genere nascono morti o muoiono nei primi giorni di vita. Nei cuccioli che sopravvivono per qualche mese si possono osservare prolungati sanguinamenti anche dopo traumi lievi o dopo interventi di piccola chirurgia, e la formazione di ematomi e di versamenti intrarticolari “spontanei” e/o endocavitari spesso mortali. Nella forma moderata si osservano gravi sanguinamenti solo dopo traumi di una certa entità (ad es. cambio dentizione), ed inoltre emartri e sanguinamenti spontanei occasionali. Nella forma lieve può succedere che alcuni cani maschi malati vivano l’intera esistenza senza che la malattia si manifesti in modo conclamato. La forma lieve e talvolta la forma intermedia non diagnosticata possono provocare un ulteriore diffusione della malattia nella popolazione canina tramite la riproduzione dei pazienti affetti.

Il sospetto diagnostico può essere avanzato quando il Tempo di Tromboplastina Parziale attivata (aPTT) risulterà moderatamente allungato, mentre il Tempo di Protrombina (PT) risulta normale. La misurazione di questi parametri della coagulazione deve avvenire in un soggetto che apparentemente non abbia altre patologie conclamate in atto. La certezza diagnostica si ha solamente con la misurazione dell’attività del FVIII:C, impiegando plasma carente per tale fattore. Un animale sano presenterà valori di FVIII:C compresi tra 60% e 140%. Per convalidare lo status di portatrice, nella femmina, è opportuno quantificare anche il FvW (fattore di von Willebrand) e determinare il rapporto tra FVIII:C/FvW, che deve essere inferiore a 0,6.

A causa dell’instabilità del FVIII:C alla conservazione è necessario che il prelievo venga effettuato con rigorosa procedura standard tipica per le prove dell’emostasi, la preparazione del plasma citrato avvenga in tempi rapidi, l’eventuale conservazione avvenga in modo da mantenere il campione congelato ed altrettanto celermente siano eseguite le analisi. E’ consigliato pertanto di prendere contatto con la FSA e questa Commissione per i suggerimenti su quali laboratori siano in grado di processare i campioni così preparati, al fine di non incorrere in artefatti o risultati inattendibili, che non risulterebbero interpretabili. Inoltre, la misurazione dell’attività del FVIII:C risente di numerosi fattori legati a stati patofisiologici e patologici.

Purtroppo, al momento non esiste alcun test genetico tramite biologia molecolare che possa essere utilizzato in modo estensivo per l’identificazione di questa coagulopatia.

L’eradicazione dall’allevamento della patologia richiede l’identificazione dei cani sospetti sulla base dell’esame clinico, ma soprattutto delle indagini di laboratorio e la conseguente esclusione dei soggetti malati e portatori dal programma riproduttivo. In particolare l’identificazione delle femmine portatrici asintomatiche è elemento fondamentale nella lotta contro questa malattia.

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